CULTURA-EVENTI
Era destino…
14 febbraio, 2020
Galeotta fu la passione per le cromature. Nel mese dell’Amore, un’altra “piccola” del Museo ha trovato famiglia con Smeg.
Questa storia nasce “nell’immediato dopoguerra, in un contesto economico di sviluppo e di crescente urbanizzazione, che porteranno a un radicale cambiamento dei modelli sociali […]. I mutati ritmi della vita cittadina, la nuova struttura dei nuclei familiari, la figura della donna lavoratrice sono le esigenze sulle quali l’azienda inizia a studiare prodotti che rispondano alle richieste di tecnologia e di rinnovamento […]” creando “oggetti da esibire come veri e propri status symbol, contribuiscono al cambiamento dei costumi”.
Avrete sicuramente sentito tante volte ripetere questo aneddoto durante l’introduzione alla visita guidata al Museo, ma questa volta non stiamo parlando di noi!
Parliamo di SMEG, che con il suo claim “La tecnologia che arreda”, racconta la sua vocazione all’innovazione che non rinuncia alla cura estetica. Oltre a condividere le origini in un momento storico straordinario per l’Italia, così come avete appena letto, abbiamo lo stessa passione per il design. Così come il Museo si è avvalso della collaborazione di prestigiosi architetti come Oscar e Gabriele Buratti, anche Smeg si avvale della collaborazione di architetti e designer di fama mondiale quali Guido Canali (guarda l’intervista), Mario Bellini, lo studio Piano Design, Marc Newson, Giancarlo Candeago, Matteo Bazzicalupo e Raffaella Mangiarotti (deepdesign). Grazie a loro Smeg, ha creato prodotti divenuti, con il tempo, vere e proprie icone Made in Italy.
Fotografie fedeli del Paese dello Stile, gli elettrodomestici Smeg, come il frigorifero anni 50 o le cucine interamente in acciaio, diventano oggetti in grado di influenzare l’evoluzione del gusto e di creare relazioni che vanno al di là delle necessità pratiche. È con questo preciso spirito che nascono le collaborazioni con i grandi designers e architetti e, nel contempo, si consolidano progetti di sviluppo interno in grado di interpretare gusti e tendenze.
Per questo l’auto adottata da SMEG è la Giulietta T.I. giallo cina… eh sì, proprio l’auto da cui tutto ebbe inizio. L’auto per cui Pietro Cozzi disse per la prima volta: “Mettila lì”, l’auto del boom economico, l’auto che racconta perfettamente il periodo storico in cui SMEG vide la sua nascita e la sua affermazione.
“Grazie SMEG”
COSA SIGNIFICA ADOTTARE UN’AUTO?
Significa contribuire a tutto questo per mostrare che storia, arte, bellezza ed ingegno italiani sono importanti per lei. La Responsabilità sociale di impresa é fatta di azioni concrete che comunicano a tutti gli stakeholder ciò in cui l’impresa crede.
Il logo dell’impresa sarà presente sull’auto nel Museo. Riceverà 1000 cartoline con l’auto che adotta. Dedicheremo a questa notizia un post su Facebook, un post su Instagram e uno spazio nella newsletter. Sono migliaia le persone che così verranno a conoscenza dei questa scelta!
Potrà anche usufruire di un “Invito al Museo” e cioè il Museo a disposizione per due ore, comprensivo di visita guidata, con un massimo di 6 ospiti.