Solo Alfa Romeo rosse per l’Ispettore Coliandro: Il braccio maldestro della legge”. Insieme al celebre ispettore ci spostiamo dal grande al piccolo schermo, come sempre accompagnati dagli amici di Cinemalfa e Museo Fisogni.
In piena controtendenza, questa sera restiamo a casa. Ci piace essere un po’ bastian contrari e così, mentre tutti pensano a come uscire, noi ci dedichiamo a una sessione cinematografica casalinga. Gli amici di Cinemalfa oggi propongono una serie cult, trasmessa dalla Rai tra il 2006 e il 2018: protagoniste le Alfa di colore rigorosamente rosso, guidate dall’ispettore nato dalla penna di Carlo Lucarelli. Il Museo Fisogni ci propone il dubbio amletico: essere o non essere “elettrici”?
p.s. Cliccando sull’immagine potrete accedere a Ray Play
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CINEMALFA PRESENTA: “L’ispettore Coliandro (2006-2018)
Genere: serie TV, azione, noir – Regia: Manetti Bros – Idea: Carlo Lucarelli
Cast: Giampaolo Morelli, Enrico Silvestrin, Veronika Logan, Giuseppe Soleri, Paolo Sassanelli, Alessandro Rossi, Massimiliano Bruno.
“Coliandro: il braccio maldestro della legge”. Una serie TV nata dal personaggio di Carlo Lucarelli e presente in alcuni suoi libri sin dai primi anni 90. Girato in una splendida e misteriosa Bologna, ogni episodio è un film TV a sé stante in cui questo poliziotto riesce ad infilarsi in situazioni molto pericolose, riuscendo per puro caso a portare a termine le indagini e facendo arrestare i colpevoli.
Ad aiutarlo una presenza femminile che di volta in volta cambia e di cui Coliandro puntualmente si innamora rimanendo, però, immancabilmente deluso. Visto male dai suoi superiori per mancanza di professionalità, si ispira a modelli quali l’Ispettore Callaghan (del quale cita spesso delle battute) senza però averne il piglio diventando, quindi, molto spesso divertente.
Ad accompagnare il nostro “eroe” nelle sue indagini, sempre e solo Alfa Romeo rosse.
Nelle prime puntate abbiamo una 145, poi una 156 e poi due Giulietta che si distinguono per la presenza di accessori “pittoreschi” come spoiler, finte prese d’aria, coprivolante e luci led.
Un personaggio che riesce a rappresentare le imperfezioni dell’essere umano, un antieroe diverso dalla perfezione del classico poliziotto della TV. Insomma uno di noi. Forse per questo Coliandro ha dato vita ad un enorme fan club che ha dato filo da torcere alla dirigenza Rai quando questa ha deciso di sospendere la produzione della serie.
La regia ha usato poche controfigure durante le riprese e le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi ricordano tantissimo quelle dei poliziotteschi anni 70 a partire dalla sigla, che è dichiaratamente ispirata ad un brano di Bobby Womack del 1972.
Curiosità: la giacca di pelle che indossa Coliandro è di seconda mano ed è unica. Infatti in molte scene d’azione è stata sostituita oppure scucita (piuttosto che bucata) o sono stati applicati finti buchi di pistola. Oggi viene conservata insieme ai suoi inseparabili Ray-Ban a goccia.
Moltissimi gli artisti che hanno partecipato alle riprese in ruoli più o meno brevi: Luca Carboni, Neffa, Iva Zanicchi, Gigi Sammarchi, Francesco Pannofino, Claudia Gerini, Gue Pequeno ecc.
ALLA TRIENNALE CON IL MUSEO FISOGNI
Uno degli episodi più incentrati sull’automobile è “Tassista Notturno”, nel quale il nostro Coliandro svolge il lavoro di tassista sotto copertura. La sua auto, stavolta, è una Toyota Prius, forse il primo modello di massa dell’era ibrida-elettrica.
Se oggi per un tassista avere un’auto ibrida o elettrica è la norma, fino a pochi anni fa si trattava ancora di una rarità. Le auto elettriche, per la verità, non sono un’invenzione recente, anzi. Sin dai primi del ‘900 esistevano molte alternative alla benzina, con auto elettriche e persino a vapore, e ancora negli anni ’40 si era alla ricerca di altri sistemi di alimentazione, puntando questa volta più su carburanti succedanei (come il “Robur” AGIP, un mix di benzina e alcool di barbabietola venduto sotto il fascismo) o sul gassogeno (in pratica, auto a legna o carbone).
L’elettrico, all’inizio, fu scartato in quanto considerato meno efficiente del motore a combustione interna. Se le prestazioni erano limitate, però, c’è anche da dire che già all’inizio del ‘900, come riporta un pratico manuale del 1905 conservato nell’archivio del Museo Fisogni, alcune vetture elettriche arrivavano anche a 120/150 km di autonomia (con velocità, ovviamente, molto ridotte, ma si era in un’epoca nella quale il record mondiale di velocità era di 168 km/h).
Seppure in sordina, comunque, le sperimentazioni sull’elettrico andarono avanti anche nei decenni successivi; persino la scelta di taxi elettrici non è un’invenzione del XXI secolo: è del novembre 1975 la notizia che, in Unione Sovietica, furono introdotte, in via sperimentale, “dodici auto pubbliche” elettriche a Mosca; un sistema, del resto, “già sperimentato in altri paesi”. E se è vero che nel 2022 arriverà il primo SUV elettrico a marchio Alfa, chissà che non rivedremo presto, tra i nostri taxi, il marchio del Biscione…