Colori Alfa: non sono tutte rosse
Sono tantissime le cose e soprattutto le storie che contiene il nostro archivio Cozzi.Lab. Scopri nella rubrica “Carlo in archivio”, i racconti del giornalista Carlo di Giusto.
“Sono davvero contenta della nascita di questa nuova collaborazione. Perchè penso che il nostro archivio sia un incredibile patrimonio da condividere e che lo si possa fare attraverso gli occhi di chi, come me, adora frugare tra manuali, foto, depliant, vecchie riviste, appunti e documenti di ogni tipo. Sono oggetti anche di oltre 60 anni, che ancora sono in grado di ispirarci in un viaggio nel tempo e nello spazio, che ci mettono di fronte ai nostri ricordi, alle nostre personali storie, scoprendo che in realtà sono storie di tutti.
“Le Alfa piacciono ai bambini perché, anche se sono bianche, blu o giallo uovo, sull’autostrada diventano tutte rosse”, scriveva Luca Goldoni nel 1968. E lo diceva pure Lucio Dalla nel 1976: “Con l’Alfa rossa [Nuvolari] fa quello che vuole dentro al fuoco di cento saette!” Insomma, non ve lo devo dire certo io: le Alfa Romeo sono nate rosse. Forse non sai che alla vigilia della Gordon Bennett Automobile Cup del 14 giugno 1900 vennero assegnati i cosiddetti “colori nazionali” alle auto da corsa. La gara, infatti – che in quella prima edizione consisteva nel raggiungere Lione, partendo da Parigi, nel più breve tempo possibile – premiava gli automobile club dei vari Paesi e a ognuno di questi, per renderli più facilmente riconoscibili dal pubblico, venne attribuita una livrea specifica. E all’Italia, come tutti sanno, toccò il rosso. Così, quando, diversi anni più tardi, l’Alfa Romeo si affacciò nel mondo delle competizioni, lo fece proprio con vetture dipinte di questo colore.
Le Alfa però non sono soltanto rosse. Se il Museo Fratelli Cozzi esiste, per esempio, lo dobbiamo a una Giulietta Ti giallo Cina: “mettila lì”, anche se non è rossa. Anzi, oggi con ’sta mania dei colori rari e degli abbinamenti strani, se l’Alfa non è rossa è quasi meglio. Devo confessare che non c’è una sola Alfa che vorrei rossa e non perché non mi piaccia questo colore, ma ci sono altre tinte clamorosamente attraenti e assai meno scontate. Qui da Elisabetta ce ne sono un bel po’ di Alfa non-rosse e sfido chiunque a dire che non sono belle! Osservando le auto del suo museo, si scopre che una volta la gente comprava le macchine colorate: verdi, azzurre, gialle, marroni, arancioni, ocra. Persino il grigio pastello aveva il suo perché: non vorrei fare il bastian contrario, ma se c’è qualcosa che rende unica la già rara Giulia 1600 TI Super del Museo è proprio il suo Grigio Grafite. E vogliamo parlare, per fare un esempio supremo, dell’unica 33 Stradale Blu Reale realizzata apposta per il Conte Corrado Agusta? Un sogno dentro un altro sogno.
Da 25 anni a questa parte, invece, le macchine si vendono quasi esclusivamente bianche, nere o in una delle cinquanta sfumature di grigio metallizzato (e pure con supplemento di prezzo) disponibili sempre in pronta consegna. Le statistiche ci dicono che In Italia, un terzo abbondante delle auto in circolazione sono grigie, un altro 30% nere e circa il 15% bianche. Per me, è inspiegabile la popolarità del nero: attira il calore, è delicatissimo e si sporca in un attimo. E in più, cosa ancora più grave dal mio punto di vista, non è fotogenico. Tempi cupi per le automobili colorate: quelle gialle sono ormai ridotte al lumicino con percentuali dello “zero-virgola”, quelle rosse restano ormai stabilmente sotto il 3% e pure quelle blu, colore una volta assai apprezzato, resiste con un misero 12%. Solo io ho amici con automobili arancioni, azzurrine, gialle, verdi e addirittura viola?
Per fortuna c’è Marta: si occupa di catalogare accuratamente ogni documento del museo e, quando le parlo di cartelle colori sa esattamente cosa e dove cercare. Mi ha fatto trovare una pila di materiale abbastanza recente, quasi tutto riferito alle Alfa Romeo degli anni Novanta e Duemila, alle youngtimer insomma, ma anche qualcosa di più datato, che sapeva potesse piacermi. Come la cartella stampa della Giulietta del 1977: intanto e per cominciare, il colore dell’esemplare utilizzato per la brochure è il bell’Azzurro Le Mans, un vivace e intenso blu chiaro che si sposa bene con l’interno beige guarnito (un bicolore sui toni del beige e del marrone, sarebbe). Di grigi ce ne sono appena due e passano pure inosservati in mezzo al Giallo Piper, al Rosso Alfa, al Verde Pino, al prugna e ai metallizzati Blu Pervinca, Verde Oliva e Beige chiaro: una rassegna dei colori Alfa Romeo più classici.
Mi getto sulla brochure dei colori della 147 GTA per scoprire se davvero fossero disponibili solo il nero e il rosso. Sorpresa: la compatta col Busso è ritratta nell’iridescente Bianco Nuvola 212, che è una delle dieci tinte offerte, insieme al Verde Boreale, all’Azzurro Gabbiano e al Blu Metallico, oltre alla solita pletora di grigi, grigini, grigetti e grigioni. Forse ne ho vista una sola di questo colore, ma non ne sono sicuro. Tutte nere, pochissime rosse. Se me ne trovate una che non sia Rosso Alfa o Nero Luxor o nero metallizzato, fatemi un fischio: la voglio fotografare! Poi, continuando a curiosare, ho sfogliato la cartella colori della 156 GTA. Beh, volete sapere una cosa? La gamma è identica, tranne per la tinta iridescente: Rosso Nuvola 167 anziché Bianco Nuvola. Che poi fanno un bel trittico con l’Azzurro Nuvola 414 della prima infornata della 156.
Parlando di quegli anni lì, c’è un modello che se solo l’avessero fatto con un motore a benzina probabilmente l’avrei nel box: parlo della Crosswagon Q4, una 156 seconda serie rialzata, che sarebbe ancora attuale come formula. Mi era piaciuta allora e mi piace ancora oggi, sebbene sappia fin troppo bene che le pochissime sopravvissute delle poche prodotte, oltre ad avere il motore a gasolio, sono tutte chilometratissime e piuttosto stanche. Comunque. La brochure dei colori ha la copertina in bianco e nero… ma dentro trovo tinte modernissime, che stanno bene con i colori della natura: Verde Montreux, Verde Brooklands, Marrone Castlerock, Blu Capri e Blu Chiaia di Luna (il resto sono grigi o neri e non mi interessano, nonostante i nomi seducenti).
Sulla 156 l’Alfa Romeo aveva puntato tanto (e a ragion veduta, peraltro): lo si capisce anche dal cofanetto che ospita i colori della carrozzeria e i campioni dei rivestimenti interni. Quello che esce dagli archivi del Museo Fratelli Cozzi è un raccoglitore ad anelli doppio, da una parte ci sono le tinte, dall’altra i ritagli dei tessuti e della pelle dei sedili. Non sono francobolli, ma cartoline 10×15 cm che possono essere toccate e accarezzate, osservate sotto la luce per valutarne la resa e l’effetto. Tanta qualità anche in un dettaglio apparentemente insignificante. Però anche l’unico modo per capire la differenza tra un Azzurro Nuvola e un Azzurro Fantasia o fra il tessuto floccato, il velluto, il tessuto con filo gomma… C’è mica qualcuno che l’ha ordinata Verde Amazzonia con l’interno di velluto verde 189? Comunque nessuna come la 156 seconda serie: ben 16 colori diversi e fra questi due iridescenti e tre pastello. Provate a indovinare i quattro metallizzati che mi hanno colpito di più…
Le ambizioni di un Costruttore si percepiscono anche da questi particolari. Prendiamo la Giulietta del 2010 (quella che avrebbe dovuto chiamarsi Milano per capirci). Al cliente o potenziale tale veniva presentato un cofanetto con le copertine di metallo satinato al cui interno, trattenute da un supporto sagomato, ci sono le mazzette dei colori esterni e dei rivestimenti interni di tessuto e di due tipi di pelle differenti. Anche questa volta, campioni di generose dimensioni sollecitavano la vista, ma anche il tatto e probabilmente l’udito (il suono dei polpastrelli che toccano i materiali). In più, una sagomina trasparente col profilo della Giulietta contribuiva a dare una sensazione di quale poteva essere l’effetto di una delle undici tinte disponibili. Insomma, ci si poteva passare dei bei quarti d’ora con quel kit, prima di passare alla configurazione degli optional: un’esperienza premium, senza dubbio. Dove, secondo me, l’Alfa Romeo ha dato il meglio di sé è stato con la Brera e la Spider 939: qui si comprende tutto il desiderio di curare ogni più piccolo dettaglio e di impressionare il cliente con qualcosa di inaspettato: un cofanetto a due livelli, con i materiali per l’interno a sinistra – tessuto, tessuto e pelle, pelle e pelle pieno fiore Frau – e i campioni di vernice dalla parte opposta, piegati come se fossero in tre dimensioni, più un mini CD e il libretto con gli abbinamenti possibili.
Il giochino delle pagine trasparenti con la sagoma della vettura da sovrapporre al cartoncino con la vernice era già stato sperimentato anni prima, all’epoca delle 75, 155 e 164. Mi viene il sospetto che a questo raccoglitore manchi qualcosa, tipo la sagoma di una Spider quarta serie o una 916 o una RZ, ma intanto gioco un po’ a creare abbinamenti improbabili con questa specie di configuratore analogico: l’avete mai vista voi una 164 Giallo Ginestra? Io no, ma fidatevi, non sarebbe stata così malvagia…
Articolo e foto di Carlo Di Giusto.