Alfetta dettaglio della scritta

“Berlina Sportiva” un ossimoro di successo

Parte III: Alfanord

Duralfa è il nome di una lega brevettata dall’Alfa Romeo e utilizzata prima sui motori aeronautici, poi anche sui motori automobilistici, uno pseudonimo che da solo è un indicatore dello spirito, dell’anima e del cuore Alfa Romeo. Scoprite un viaggio attorno alle vetture del nostro museo attraverso racconti che nascono da un punto di vista mai banale, arricchiti da immagini che mostrano forme sempre affascinanti. Grazie Duralfa!” Elisabetta Cozzi

Foto 1.4: il motore 4 cilindri bialbero della 1900,

Foto 3.1: Alfetta”dettaglio scritta 

Foto 1.5: l’abitacolo della 1900 “Super” del 1958 del museo Cozzi

Foto 3.2: Alfasud, vista anteriore “Giardinetta”

Foto 1.6: lo stemma che troneggia sullo scudo anteriore della 1900. L’emblema della Casa Milanese torna ad essere smaltato e a colori con il lancio della 1900 nel 1950

Foto 3.2: Alfetta, dettaglio fanali. In vendita dal 1972

Duralfa

Lo scrittore “segreto” con l’Alfa nel cuore, nell’anima e negli occhi, racconterà un’interpretazione particolare delle vetture Alfa Romeo del museo, perché ogni auto ha dietro di sé un mondo da scoprire e raccontare.

Berlina Sportiva:

un ossimoro di successo

Continua l’approfondimento dedicato alla “Berlina sportiva” che in questa terza parte ci colpirà al cuore con la grande storia di Alfetta.

Rileggi qui la prima e la seconda parte. Buona lettura…

Alfetta e Alfasud

Alla fine degli anni Sessanta il management dell’Alfa Romeo prende due decisioni che avranno impatti significativi sul futuro dell’Azienda: una si chiama “Alfetta(foto 3.1) e l’altra si chiama “Alfasud(foto 3.2). Quest’ultima, che include anche la costruzione di uno stabilimento ad-hoc a Pomigliano d’Arco (località non estranea all’Alfa Romeo), rappresenta un prodotto di nuova concezione, entry-level della gamma, mentre l’Alfetta entra a pieno titolo nella tradizione di tecnica e innovazione delle berline sportive.

Oggi si parlerebbe di “piattaforme” ed in effetti è proprio così: il lay-out tecnico dell’Alfetta sostituisce il pianale della Giulia. La nuova berlina arriva sul mercato nel 1972 (foto 3.3), dopo una gestazione lunga e complessa dovuta alla messa a punto della sua, inedita ed esclusiva, architettura transaxle: cambio e frizione sul retrotreno, freni on-board e ponte De Dion posteriore, per una perfetta distribuzione dei pesi, quindi per una migliore tenuta di strada. Senza dubbio il drive-train più sofisticato mai realizzato per una berlina.

E’ proprio la scelta tecnica del De Dion che influisce sulla decisione di chiamare “Alfetta” il nuovo modello: anche la monoposto di F.1 159, Campione del Mondo di F.1, soprannominata “Alfetta”, adottava il ponte “De Dion”. Infatti una tra le prime immagini ufficiali dell’Alfetta vede il profilo della nuova berlina di Arese e, sullo sfondo, la F.1 159 ex-Fangio.

Carrera Panamericana-Mexico, novembre 1954: l’Alfa Romeo 1900 TI numero 251

Foto 3.4: L’Alfetta, motore bialbero di 1779 cc

Il “trilobo” sul frontale

foto 3.5: badge collocato inferiormente dietro il parafango anteriore destro

foto 1.2: il volante e gli strumenti della 1900 “Super” del 1958 del museo F.lli Cozzi.

Foto 3.6: Alfetta, dettaglio sbalzo anteriore cortissimo 

Alfetta: l’orgoglio di essere alfisti

Come le sue progenitrici, l’Alfetta diventa immediatamente un riferimento, in un mercato in piena evoluzione, con concorrenti nuovi e sempre più aggressivi. Anche questa volta i clienti Alfa Romeo sono soddisfatti, per le famiglie della borghesia medio-alta diventa tradizione l’acquisto di ogni nuova Alfa Romeo, addirittura le auto vengono prenotate nelle concessionarie senza averle viste, a “scatola chiusa”, tanto è forte il Marchio e consolidata la loyalty dei clienti. L’orgoglio di essere alfisti sfoggiando e guidando un’auto del Biscione è ancora un fattore decisivo. L’Alfetta è equipaggiata con il motore bialbero di 1779 cc (foto 3.4), praticamente lo stesso che ha esordito sulla precedente 1750, con qualche affinamento, con una potenza iniziale di 122 cv, che permette prestazioni al vertice della categoria (come sempre).

L’Alfetta è subito un successo: sul mercato italiano conquista il 40% (!) della quota del segmento e per trovare qualche reale concorrente bisogna spostarsi nella Germania Federale, precisamente in Baviera. E’ passata alla storia la prova su strada del mensile specializzato “Auto Motor und Sport” che vede contrapposte la berlina milanese alla BMW 518: L’Alfetta surclassa la tedesca nel decisivo test sulle qualità dinamiche.

Foto 1.7: il motore a 4 cilindri bialbero di 1290 cc della Giulietta, in questo caso una “t.i.” del 1960 del museo F.lli Cozzi.

Foto 3.7: il “modo aggressivo dalla rastrematura del frontale Alfetta”

Foto 3.8: Alfetta: “il montante posteriore da forza alla fiancata”

Foto 3.9: il disegno orginale “gomito” del cristallo posteriore

Il design italiano

Il design dell’Alfetta, a cura del Centro Stile Alfa Romeo, come recita il badge collocato inferiormente dietro il parafango anteriore destro (foto 3.5), è molto personale: sbalzo anteriore cortissimo (foto 3.6), le ruote “escono” in modo aggressivo dalla rastrematura del frontale (foto 3.7), l’abitacolo è “tirato” sul posteriore, la carrozzeria ha delle proporzioni che anche da ferma sembra in movimento, il montante posteriore da forza alla fiancata (foto 3.8), il “gomito” del cristallo posteriore ha un disegno molto originale (foto 3.9), i quattro fari anteriori contribuiscono a un muso dall’espressione molto determinata (foto 3.10). L’interno ha una buona abitabilità, la plancia è dotata di strumentazione a elementi circolari, il volante ha la forma a calice (foto 3.11), secondo tradizione.

L’Alfetta sostituisce la Giulia anche nella dotazione di Polizia e Carabinieri e, nel decennio lungo del secolo breve, sarà protagonista dei fatti di cronaca che hanno segnato il Nostro Paese, a cominciare dall’esemplare bianco della scorta del Presidente del Consiglio Aldo Moro.

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<p>Foto 1.9: la scritta posteriore della “Giulietta t.i.” del museo Cozzi.

Foto 3.10: muso con “espressione determinata”

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.11: il volante “a calice”

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.12: la GT derivata dall’Alfetta

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<p>Foto 1.9: la scritta posteriore della “Giulietta t.i.” del museo Cozzi.

Foto 3.13: GTV 6 2.5”, 1981

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.14: “Nuova Giulietta” del 1977

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.15: paraurti con rivestimento in resina

Alfetta 2000: prestigio e immagine

Nel 1977, dopo che due anni prima, a causa della crisi petrolifera, la gamma si era estesa verso il basso (con l’opzione della riduzione di cilindrata a millesei), viene presentata l’Alfetta “2000” che conquista la leadership della classe due litri, limite “psicologico” del mercato italiano. La “duemila” propone modifiche al frontale, ai paraurti, ai cerchi, presenta interni più “importanti” e con prestazioni altrettanto migliorate, fino ai 130 cv, che in quegli anni erano un’ottima potenza, soprattutto su una berlina.

L’Alfetta 2.0 diventa la vettura dell’establishment, che dà prestigio e immagine al modello e conquista anche un’altra leadership, frutto di necessità contingenti, nel mercato delle vetture blindate: l’Alfetta-duemila-blindata-blu si diffonde tra la classe dirigente italiana, anche il Presidente della Repubblica, prima dell’Alfa 6, viaggia su Alfetta blindata (blu).

 

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<p>Foto 1.9: la scritta posteriore della “Giulietta t.i.” del museo Cozzi.

Foto 3.16: Giulietta coda sul bordo del bagagliaio

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.18: Fiorucci firma l’allestimento speciale di Giulietta

Foto 3.17: Niki Lauda, celebre campione di F.1, nel 1978 al volante della Brabham-Alfa

L’alfetta e le sue derivate

Ma l’Alfetta, assieme a una delle sue dirette derivate, la “GT” (foto 3.12) presentata nel 1974, fa debuttare diverse innovazioni: la prima vettura italiana sovralimentata con turbocompressore (la “GTV 2.0 Turbodelta”, 1979), la prima vettura italiana con un motore turbo diesel (“Alfetta 2.0 Turbo D”, 1979), l’esordio del motore V6 2.5 con l’iniezione elettronica (“GTV 6 2.5”, 1981) (foto 3.13).

Con il leggero restyling di fine 1981 l’ingegneria Alfa Romeo sperimenta il motore modulare su un gruppo di esemplari in dotazione ai tassisti di Milano e di Francoforte: questo propulsore, ai bassi carichi, lavora a due cilindri, per limitare i consumi e le emissioni (e siamo nel 1983…). A seguito di questi prototipi ad Arese realizzano un migliaio di esemplari dell’Alfetta “2.0 CEM”, dotata di un impianto di iniezione progettato in-house, che ha l’obiettivo della riduzione di consumi e conseguenti emissioni.

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<p>Foto 1.9: la scritta posteriore della “Giulietta t.i.” del museo Cozzi.

Foto 3.19: Quadrifoglio Oro, dettaglio 

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.20: Quadrifoglio Oro Iniezione elettronica

La Nuova Giulietta del 1977

L’altro modello derivato dall’Alfetta berlina è la “Nuova Giulietta” del 1977 (foto 3.14): “l’Alfettina”, come viene inizialmente soprannominata dalla stampa specializzata, è una berlina sportiva compatta, progettata sull’autotelaio della stessa Alfetta, con uguale passo (2510 mm) ma più corta.

Lo stile, figlio della seconda metà degli anni Settanta, con la sua linea “a cuneo” (“Un cuneo chiamato Giulietta”, recita la pubblicità) farà scuola. Alcune soluzioni stilistico-tecniche adottate sono innovative: paraurti con rivestimento di resina, plancia di materiali sintetici (foto 3.15), spoiler di coda sul bordo del bagagliaio (foto 3.16). La vettura al posteriore e sul volante non presenta lo Stemma Alfa Romeo ma solo la scritta in stampatello maiuscolo. Testimonial d’eccezione della Nuova Giulietta è Niki Lauda, celebre campione di F.1, nel 1978 al volante della Brabham-Alfa (foto 3.17). La Giulietta va a soddisfare la clientela Alfa Romeo, e quella di conquista, che attendeva una sostituta della Giulia, senza voler impegnarsi per un modello più grande, cioè l’Alfetta.

La “linea a cuneo” arriva nel momento in cui a Milano comincia il boom dell’industria della moda: Fiorucci allestisce una Giulietta secondo il suo stile scioccante e controcorrente (foto 3.18), una vera e propria provocazione, presentata nel 1978 al Museo Storico di Arese.

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<p>Foto 1.9: la scritta posteriore della “Giulietta t.i.” del museo Cozzi.

Foto 3.21: Quadrifoglio oro, dettaglio quattro fari anteriori tondi

Foto 1.10: un primo piano della plancia della Giulietta del museo F.lli Cozzi realizzato dal lunotto posteriore.

Foto 3.22: Quadrifoglio ora: cerchi dal design molto personale

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<p>Foto 1.9: la scritta posteriore della “Giulietta t.i.” del museo Cozzi.

Foto 3.23: Quadrifoglio ora: interni con finiture in legno

La Quadrifoglio Oro

L’Alfetta “Quadrifoglio Oro” del 1983 è la versione top di gamma (foto 3.19), che presenta un’innovazione – brevetto Alfa Romeo firmato da Gian Paolo Garcea – che avrà conseguenze dirette sulla progettazione dei motori dal punto di vista del rendimento e delle prestazioni: il variatore di fase, con la novità ulteriore della sua integrazione col sistema di iniezione elettronica (foto 3.20).

La Quadrifoglio beneficia di soluzioni estetiche esclusive: quattro fari anteriori tondi (foto 3.21), derivati dal modello USA, cerchi dal design molto personale (foto 3.22), interni con finiture in legno (foto 3.23), equipaggiamenti da ammiraglia, due colori proposti e il “Rosso Alfa” solo per l’esportazione. La duemila Quadrifoglio Oro consolida il posizionamento di mercato dell’Alfetta, ormai giunta nel pieno della sua maturità, con la concorrenza italiana inesistente.

L’Alfetta termina la sua carriera nel 1984 dopo una produzione di 476.000 esemplari, ma sulla sua piattaforma tecnica si svilupperanno modelli che rimarranno in gamma fino al 1992. 

Sfoglia la gallery. Foto by Duralfa

Tutte le Alfa Romeo fotografate fanno parte della collezione del Museo Fratelli Cozzi