Elvira racconta
L’auto e la donna
8 MARZO, 2017
Oggi, 8 marzo, vi racconterò di donne al volante.
Sul ruolo che ha avuto la donna nella storia dell’automobilismo si è sempre scritto poco, ma su una cosa non c’è alcun dubbio: l’automobile è femminile ed ora vi racconto come si è arrivati a considerarla al femminile.
Parlando di automobile usiamo un vocabolo abbastanza recente comparso per la prima volta in Francia alla fine del XIX secolo. I francesi la considerarono femminile in quanto il termine “automobile” si accostava alla parola “voiture” che è femminile. In Italia, fu Gabriele d’Annunzio a battezzarla al femminile e lo fece in una lettera di risposta al senatore Giovanni Agnelli che gli aveva posto l’annosa questione, scrivendo: “L’Automobile è femminile. Questa (ndr. si riferiva ad una Fiat 509 Torpedo) ha la grazia, la snellezza, la velocità di una seduttrice; ha inoltre una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, della donna ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza”.
Dunque, l’automobile è femminile e lo è soprattutto in virtù del rapporto tra la donna e l’auto che risale agli inizi del secolo scorso e che iniziò con l’utilizzo della figura della donna che, accostata spesso alla vettura, conferiva eleganza e raffinatezza suggerendo l’idea dell’auto come compagna fidata, rassicurante e, naturalmente, bellissima.
Le cronache di quegli anni sono piene di notizie di donne pilota che non si accontentarono di guidare vetture da turismo ma, dimostrando di essere coraggiose quanto gli uomini, si distinsero nelle corse automobilistiche.
Una veterana dei piloti del gentil sesso è senza dubbio la baronessa Maria Antonietta Avanzo Bellan che, nel 1921 vinse la Coppa delle Dame su un’Alfa Romeo 20-30 ES. Altre donne seguirono il suo esempio, ricordarle tutte non è possibile, ne cito alcune tra le più titolate: la principessa Colonna, la signora Anna Maria Peduzzi che fu soprannominata la “marocchina” per via della sua carnagione scura, la cui prestigiosa carriera sportiva fu addirittura più lunga di suo marito, il corridore Franco Comotti, e ancora Maria Teresa De Filippis che fu la prima donna in assoluto a guidare una Maserati di Formula 1 nel Gran Premio del Belgio del 1958.
Nella storia dei Gran Premi di F1, oltre alla de Filippis, altre quattro donne hanno tentato di gareggiare: tre non passarono le qualificazioni, la britannica Divina Galica nel 1976 e nel 1978, la sudafricana Desirée Wilson nel 1980 con la Williams e infine l’italiana Giovanna Amati nel 1992 con la Brabham.
Un’altra grande donna pilota è stata Lella Lombardi che fu la seconda donna a guidare una monoposto di formula uno, l’unica a giungere in zona punti nonché quella che disputò più Gran Premi, 12 contro i 4 di Maria Teresa de Filippis che l’aveva preceduta negli anni ‘50. Era nata in un piccolo centro piemontese di duemila abitanti, suo padre era un macellaio. Fin da piccola fu attratta dalla velocità. Quando aveva solo nove anni prese per la prima volta in mano un volante, e a tredici anni guidò per la prima volta un’auto. A diciotto anni iniziò ad aiutare il padre e con un furgone trasportava la carne sulla Riviera Ligure.
Deve essere stata davvero dura per le prime donne pilota scontrarsi con un ambiente appartenuto fino a quel momento ai soli uomini, ma tutte avevano in comune una forte passione per l’automobile e la voglia di dimostrare a sé stesse e agli altri di essere capaci di misurarsi alla pari con i piloti di sesso maschile.
“la figura della donna che, accostata spesso alla vettura, conferiva eleganza e raffinatezza”
Tra queste pioniere dell’automobilismo, la Baronessa Avanzo era la più elegante. La rivista inglese Autocar così la descrisse in un articolo sulla 13^ Targa Florio del 1922: “Tra i concorrenti della classe 4600, la baronessa Avanzo con una rossa Alfa Romeo, in abito rosso, cappello rosso e lungo velo rosso svolazzante…”. Una sciarpa svolazzante, finita negli ingranaggi di un’automobile diventò il cappio che uccise Isadora Duncan, la danzatrice moglie del poeta Esenin.
Dunque, le vetture Alfa piacciono alle signore. Ricordo di un’altra temeraria avventura di cui furono protagoniste due donne, le quali nel 1958 a bordo di una vettura Alfa 1900 raggiunsero il Circolo Polare Artico.
Con il passare del tempo il rapporto donna-automobile è diventato sempre più stretto ed oggi è statisticamente provato che la donna guida come un uomo, anzi meglio e che è la donna a scegliere il modello e il colore dell’auto di famiglia e il suo parere è spesso determinante nella decisione del modello. Inoltre, la donna provoca meno incidenti stradali e anche meno gravi rispetto agli uomini perché è più prudente.
Nel 1962, nacque la prima rivista nel mondo per le donne automobiliste: “Donne al Volante”, in cui i servizi si occupavano di motori come di ricette di cucina e di storie d’amore, ma purtroppo non riscosse grande successo.
Vecchi adagi quali “Donne e motori… gioie e dolori” e “Donne al volante…pericolo costante”, sono ormai privi di fondamento. Forse per la donna, l’auto è anche un elemento poetico e mi piace pensare che quando lo scrittore portoghese Fernando Pessoa, nel 1928, scrisse questi versi pensasse a una donna:
Al volante della Chevrolet
Sulla strada di Sintra
Al chiar di luna e al sogno,
sulla strada deserta, solitario guido,
guido quasi lentamente, e un po’mi sembra,
o mi sforzo un po’ perché
mi sembri di andare per altra strada,
per altro sogno,
per altro mondo…
Nell’industria automobilistica, il contributo che la donna ha dato con il suo lavoro negli uffici e sulle catene di montaggio è stato significativo anche se non sempre valorizzato quanto quello dei colleghi maschi. Se sfogliamo le pagine dei numerosi libri scritti sull’Alfa Romeo, di donne non ne troviamo, almeno che non si tratti di donne piloti, eppure ogni presidente, progettista e tecnico è stato assistito e supportato da donne che hanno lavorato con competenza, dedizione e orgoglio di appartenenza ad un marchio glorioso, contribuendo a costruire, giorno dopo giorno, il mito Alfa.
Un’ occasione per ricordare una storia leggendaria e tutti coloro che hanno contribuito a creare il mito Alfa ma anche per attrarre e motivare nuove generazioni a tenere ancora vivo questo mito negli anni a venire.