ARNA TI con MUSEOCITY 2024: UN VIAGGIO VERSO UN MONDO LONTANO
26 febbraio 2024
40 anni di Arna TI: la nascita e le caratteristiche dell’Alfa Romeo più internazionale di sempre. Grazie alla collaborazione con Profumo di Alfa e il tocco di Davide da Fidel
Che cosa significa, per te, “lontano”?
Lontano nel tempo, lontano nello spazio, culturalmente lontano: la distanza può manifestarsi in tantissimi modi diversi. E se, per qualche giorno, provassimo a portare in casa nostra questo “lontano”? Potremmo scoprire, ad esempio, che in fondo tutto è più vicino di quello che sembra.
Arna è stata un’automobile controversa, lontana dal gusto e dalle logiche Alfa Romeo. Oggi è ancora più lontana nel tempo (è del 1983) e nello spazio (è nata in collaborazione con la giapponese Nissan), ma proprio per questo abbiamo deciso di renderla protagonista dell’edizione 2024 di MuseoCity, il cui tema è “Mondi a Milano”.
Perché vogliamo avvicinarci a lei, sicuri che ancora una volta saprà stupirci. E magari dissipare qualche pregiudizio!
Puoi avvicinarti anche tu ad Arna (non morde, al massimo romba) durante l’apertura speciale del 3 marzo alle ore 15.00.
L’obiettivo di MuseoCity per questa edizione è il seguente: evidenziare la propria apertura verso l’esterno e gli altri, la sensibilità alle nuove influenze culturali, e raccontare le storie, gli spazi, i tempi e i luoghi in cui avvengono gli scambi di idee, progetti e culture.
Se vuoi scoprire in anteprima tutte le caratteristiche di Arna, ti lasciamo di seguito l’articolo piubblicato nel n.13 della rivista Profumo di Alfa. Un grazie, come sempre, va al direttore Mario Fontana per questo approfondimento sulla nostra Arna TI che compie i sui primi 40 anni.
Prima però ricordati di iscriverti all’evento cliccando nel box rosso qui sotto.
Ecco il programma:
15.00 – 15.15 accoglienza e registrazione ospiti
15.15 benvenuto di Elisabetta Cozzi e visita guidata al museo
Inizio conferenza Arna TI
Introduzione con i racconti di Davide da Fidel, attore che modererà l’incontro insieme al direttore di Profumo di Alfa Mario Fontana
Ore 15.45 – Arna e i concessionari Alfa Romeo: il lancio, le tecniche di vendita – Testimonianza di Elisabetta Cozzi
Ore 16.00 – E in Giappone cosa dicono? Yuko Nugochi e Mario Fontana raccontano la storia di Oka Shigemitsu.
Ore 16.10 – Matteo Licata: Arna e Arna TI, la parola allo storico.
Ore 16.30 –Axel Marx e Arna Jubilé, la versione Svizzera.
Ore 16.40 –Clay Regazzoni e l’Arna. Il racconto di Alessia Regazzoni, Giacomo Tansini e Luca Tombolini
Ore 17.15 – William Jonathan – Arna: il brutto anatroccolo
17.30 conclusione di Davide Da Fidel e Mario Fontana
Vorresti partecipare all'evento? iscriviti!
E’ un grande onore per noi aver avuto il Patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano.
Arigato gozaimasu!
Ecco di seguito l’articolo di Mario Fontana sull’Arna TI.
Quando si accendono le luci del Museo Fratelli Cozzi ai visitatori sfugge sempre un “WOW”, beh diciamocelo è naturale nel momento in cui decine di faretti improvvisamente illuminano 60 vetture lucide, belle, ordinate secondo una sequenza temporale ben precisa che scandisce il passare degli anni, e insieme a loro anche quelli della nostra storia ma… c’è n’è ancora qualcuna di loro che attende nascosta fra le quinte gli ultimi ritocchi prima di entrare a sua volta in scena. Una di queste è l’Arna Ti. Molti di voi si chiederanno: l’Arna? Certo, perché Pietro Cozzi, il fondatore della Concessionaria con il suo famoso “mettila lì”, che stava a indicare ai meccanici quale macchina appena ritirata da una permuta era da ricoverare nel garage in attesa di un futuro restauro, non si era limitato a salvare da un ingrato destino solo vetture iconiche, sportive o di rappresentanza ma, appunto, anche la piccola e vituperata Arna, perché comunque sotto al suo cofano dagli occhi a mandorla batteva un motore boxer che già aveva fatto innamorare milioni di alfisti. Questa poi, agli occhi esperti di Pietro Cozzi, era speciale: una rara Ti, modello che fu presentato al Salone di Ginevra del 1984 (ne furono prodotti in quattro anni poco più di 3000 esemplari. Ndr). E oggi, in occasione dei suoi primi 40 anni, si prepara per il suo debutto insieme alle più famose sorelle sul palcoscenico del Museo per essere ammirata come si conviene.
Aveva un suo perché
Solo negli ultimi anni il frutto della joint venture con la Nissan e l’Alfa Romeo, l’Arna, sta vivendo una seconda giovinezza e una rivalutazione da parte dei collezionisti, perché la sua linea agli esordi non ha mai conquistato appieno il cuore degli appassionati e degli acquirenti di automobili in generale. Uno dei principali motivi per cui l’Arna, già dalla presentazione, non ha suscitato entusiasmo è stata la sua identità indecisa (vedi Profumo di Alfa n° 8. Ndr.) Si trattava di un incrocio tra la robustezza e l’affidabilità tipiche delle auto giapponesi e la sportività per cui Alfa Romeo era conosciuta. Questa amalgama di stili e filosofie di design ha creato un’auto che, in effetti, mancava un po’ di personalità, allontanando i consumatori anziché attrarli. Inoltre, l’Arna aveva oggettivamente problemi di qualità che ne hanno minato la reputazione. Anche se i materiali utilizzati nell’abitacolo, così come la carrozzeria e il motore erano esenti da critiche, altrettanto non si poteva dire dell’assemblaggio che lasciava molto a desiderare, rendendo l’esperienza di guida meno piacevole rispetto alle altre auto dell’epoca presenti sul mercato. Infine, al momento del suo lancio, c’erano già in circolazione vetture ben consolidate e apprezzate, sia italiane sia estere, due fra tutte la VW Golf e la Fiat Ritmo, che offrivano prestazioni migliori, un design più attraente e una migliore qualità costruttiva. Di fronte a questa concorrenza agguerrita, l’Arna è stata semplicemente eclissata. Vista 40 anni dopo dobbiamo convenire che il tempo è stato gentiluomo con la piccola del Biscione e la sua linea compatta – anche se più larga dell’Alfasud – ha superato indenne quattro decenni, seppur lontana anni luce dallo stile Alfa Romeo e anche a dispetto di un sondaggio realizzato nel 2008 dal quotidiano Il Sole 24 Ore dove sarebbe risultata “l’auto più brutta” in assoluto.
Tanti collezionisti
Come detto prima, di Arna nelle varie versioni non ne furono prodotte molte nel nuovo stabilimento di Pratola Serra in provincia di Avellino, in tutto furono appena 58mila dal 1983 al 1987, la gamma era rappresentata dal modello L (2 porte) SL (5 porte) spinte dal motore boxer 1.2 da 63 CV e poi la versione sportiva Ti a due porte che montava il più potente 1.3 – che equipaggiava anche l’Alfasud Sprint – alimentato da due carburatori doppio corpo che erogava 86 CV e la portava a toccare in IV marcia i 170 km/h, la V era un rapporto autostradale di “riposo” per ottimizzare i consumi di benzina. Il matrimonio con la giapponese Nissan portò in dote una carrozzeria a struttura differenziata e a “prova di ruggine” perché trattata con il metodo zincrometal che metteva la parola fine alla triste fama che accompagnava le vecchie Alfasud, come ci ha confermato anche Marco Colombo, per tutti Marchino, che del restauro conservativo ha fatto la sua professione e che cura le macchine del Museo: « È vero, le Arna non hanno il brutto difetto di arrugginire, anche se le loro carrozzerie hanno fatto un viaggio via mare partendo dal Giappone per arrivare sino al porto di Napoli, la salsedine non ha innescato la corrosione e, infatti, le vetture che si sono salvate dalle varie campagne di rottamazione che si sono fatte nel nostro Paese lo dimostrano. L’Arna Ti del Museo Fratelli Cozzi che sto rifinendo nei dettagli è la dimostrazione della bontà delle lamiere e della vernice. Questo esemplare che ha quasi 40 anni è in perfetta forma e il mio intervento è stato veramente minimo».
Il primo avviamento
Era una bella giornata primaverile del 1986 quando la prima e unica proprietaria di quest’Arna Ti chiuse gli occhi e mise in moto il brillante motore boxer. Era una donna decisa e con un temperamento sportivo e, fortunatamente, la campagna pubblicitaria non all’altezza di questa vettura non l’aveva condizionata, infatti, la sua scelta era caduta sulla versione Ti che Pietro Cozzi le aveva consigliato caldamente. Accompagnata dal classico brontolio del quattro cilindri, con un “clock” ingranò la prima e uscì dalla concessionaria Fratelli Cozzi di Legnano, felice di essere diventata subito “alfista”, come recitava la pubblicità dell’epoca. Al posto di guida, seduta sul sedile avvolgente bicolore, la signora si sentiva una vera pilota impugnando il volante a tre razze regolabile in altezza per non nascondere il contagiri, che in questa versione era di serie, così come i fari supplementari davanti e poi le cinque marce come le Alfa “vere”, infine, la immaginiamo guardare nello specchietto retrovisore e sorridere alla vista dello spoiler nero in contrasto con la vernice chiara della sua Arna Ti. Certo, non c’era il servosterzo e per lei era uno svantaggio posteggiare perché il volante era un po’ pesante in manovra ma appena inseriva la seconda il disagio spariva e ritornava il sorriso. Poi la precisione di guida sulle veloci strade extraurbane del nord milanese le garantivano che, una volta impostata la curva, l’Arna non si sarebbe scomposta con ondeggiamenti vari: fu amore a prima vista. Sicuramente la signora, nell’agosto del 1991, quando permutò la sua Arna con un altro modello sempre con il Marchio del Biscione sul cofano, dimostrò quanta cura aveva posto nella gestione dell’auto: era come nuova. Poteva Pietro Cozzi farsi sfuggire un pezzo così? Appunto.
Il controllo
Ed eccoci arrivati al momento più temuto da tutte le auto d’epoca: la visita dal meccanico. Ettore Grechi, il giovane esperto che sta impiegando la sua professionalità per la cura delle vetture d’epoca, al cospetto dell’Arna Ti ha sfoderato un sorriso rassicurante e prima ancora di aprire il cofano ci ha detto: «Qualsiasi cosa troverò non mi preoccupo, qui siamo di fronte a pura meccanica e zero elettronica, un vero paradiso per uno come me. L’origine è Alfasud, un motore iper collaudato perciò si trovano ancora i pezzi di ricambio senza problemi e in più questa macchina ha trascorso buona parte della sua esistenza ricoverata all’interno della concessionaria senza fare molta strada per cui tutti gli organi meccanici non si sono usurati. Vanno solo verificati tubi e cinghie per assicurarsi della loro tenuta a distanza di anni ed eventualmente procedere a una pulizia al serbatoio della benzina e al carburatore a doppio corpo, oltre al controllo ai freni che sono a tamburo dietro e a disco davanti, ma non come l’Alfasud che li aveva sul semiasse, ora sono sulle ruote. Insomma la classica manutenzione ordinaria e stop».
L’ingresso nella collezione
Quando l’Arna Ti fu ri-acquistata da Pietro Cozzi, nel 1991, la figlia Elisabetta era ancora una giovane studentessa e non partecipava attivamente nell’azienda del padre, così non ci sono ricordi particolari su di essa. Agli inizi degli Anni ’90 al piccolo tesoro che Pietro Cozzi aveva collezionato in decenni di attività mancavano ancora diversi modelli e la scintilla per la fondazione del museo non era ancora scoccata, ma dal 2015, anno in cui fu inaugurato il Museo e fatto l’elenco delle vetture da esporre, alcune di loro furono lasciate in “panchina” per entrare in campo nel momento giusto. Abbiamo chiesto alla direttrice Elisabetta Cozzi se per l’Arna Ti è giunto il momento di scaldarsi prima della convocazione: «Credo proprio di sì. Sì è giunto il momento del suo debutto al Museo. In tanti la cercano e chiedono di lei, soprattutto i visitatori giapponesi che considerano l’Arna un vero o proprio mito. In aggiunta va detto che moltissimi collezionisti del Marchio del Biscione, fra cui tanti a livello internazionale, le riservano un posto privilegiato nelle loro raccolte, questo a riprova dell’amore per questa piccola utilitaria fin troppo bistrattata, ma grazie alla lungimiranza di mio padre ora il frutto del breve matrimonio Nissan Alfa Romeo brillerà sotto i riflettori del Museo insieme alle sue sorelle, in fondo… il passato è ancora da scrivere».
Le immagini raffigurano i documenti e le foto storiche dell’Arna.